Al fine di dimostrare l'avvenuta spedizione di merci in un Paese appartenente alla Comunità Europea, occorre conservare per il periodo previsto dalle disposizioni vigenti in materia di IVA dall'art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (ovvero 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa alle operazioni effettuate o 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, in caso di omessa presentazione della stessa):
• la fattura di vendita all'acquirente comunitario (ex rt. 41 del D.L. n. 331 del 1993);
• gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate (Intrastat);
• un documento di trasporto "CMR" firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta;
• la documentazione bancaria dell'acquirente relativa al pagamento della merce.

In particolare già con Risoluzione 28.11.2007 n. 345 l'Agenzia Entrate aveva chiarito che per ciò che :

– la cessione intracomunitaria si attua al momento dell'invio dei beni in altro Stato dell'Unione europea. Tale azione legittima infatti l'emissione di una fattura senza applicazione dell'imposta. Ai fini probatori tributari occorre esibire il documento di trasporto, che palesi l'uscita delle merci dal territorio dello Stato per l'inoltro ad un soggetto passivo d'imposta identificato in altro Paese comunitario;

– l'obbligatorietà di conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro Stato membro (ai sensi dei combinati disposti dell'art. 2214 c.c. e dell'art. 19, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 29/09/1973).

Attualmente nella prassi commerciale più frequente i trasportatori al fine di conservare i documenti di trasporto, utilizzano:

1) sistemi elettronici fornendo al cliente documentazione in formato elettronico anziché cartaceo, con la conseguente impossibilità per il cliente di ottenere i documenti originali provvisti di firma, potendone fornire solamente copie estratte dal sistema informatico;

2) informazioni rilevabili sui sistemi informatici del trasportatore che, interfacciandosi col sistema gestionale del cliente a ciò autorizzato, inviano in automatico le informazioni sullo stato del trasporto (presa in carico, consegna, ecc.).

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 19 di ieri, 25 marzo 2013, ha confermato che ai fini di provare l'avvenuta cessione intracomunitaria che consente il mancato addebito dell'Iva in fattura, devono sussistere “i seguenti requisiti:

1) onerosità dell'operazione;

2) acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;

3) status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;

4) effettiva movimentazione del bene dall'Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto.

Tali requisiti devono ricorrere congiuntamente; in mancanza anche di uno solo, la cessione sarà da considerare imponibile IVA secondo le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972.”

Peraltro la giurisprudenza comunitaria (sentenza 27/09/2007 causa C- 409/04, Teleos e, da ultimo, sentenza 06/09/2012 causa C- 273/11, Mecsek-Gabona) imputano al fornitore l'onere della prova del diritto di fruire di una deroga o di un'esenzione fiscale, in quanto utilizzatore di tali diritti derogatori o esimenti. Ciascun Stato membro è libero di stabilire invece quali siano i mezzi di prova idonei a dimostrare “l'effettiva sussistenza di una cessione comunitaria, nel rispetto dei principi di neutralità dell'imposta, certezza del diritto e proporzionalità delle misure adottate”.

A parte le risoluzioni n. 345/E del 28 novembre 2007 e n. 477/E del 15 dicembre 2008, però la normativa Italiana tace su questo punto.

“Ne consegue che "nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro".

Pertanto, alla luce dell'evoluzione della prassi commerciale,…” l'Agenzia “ritiene che il CMR elettronico, avente il medesimo contenuto di quello cartaceo, costituisca un mezzo di prova idoneo a dimostrare l'uscita della merce dal territorio nazionale.”

Peraltro tali documenti (in particolare il CMR in formato elettronico ovvero informazioni tratte dal sistema informatico del vettore), non hanno le caratteristiche tali per essere considerati documenti informatici, in quanto privi di "riferimento temporale" e di "sottoscrizione elettronica" e, secondo l'Agenzia, sarebbero dunque documenti analogici, pertanto da stampare e scansionare in vista di una successiva conservazione sostitutiva, con sottoscrizione elettronica e marca temporale nel rispetto delle prescrizioni dell'art. 4 del D.M. 23 gennaio 2004.

Nel caso di ispezioni il Fisco potrà richiedere l'esibizione dei mezzi di prova, conservati con la diligenza ordinaria, dell’avvenuta cessione intracomunitaria, che vanno tuttavia acquisiti “senza indugio (…) appena la prassi commerciale lo renda possibile”, dunque anche in un secondo momento.