Chi è mamma sa quanto è pesante il proprio cuore quando si deve lavorare ed il proprio (o propri) bambino (i) è (sono) altrove.

Poter conciliare l’amore materno, l’amore coniugale e la cura della propria casa e la soddisfazione della riuscita nel proprio lavoro è il sogno di molte donne.

 

La maggior parte delle donne è costretta a rinunciare a qualcosa e spesso rinuncia propria alla carriera pur possedendo titoli e competenze adeguate per poter crescere nel mondo lavorativo.

La tecnologia, che in molti casi è anche fonte di stress (essere reperibili in ogni istante come conseguenza dell’utilizzo dei moderni devices implica essere sempre disponibili su più fronti) questa volta sempre dare una mano proprio a noi donne in prima battuta.

Auspico che ogni donna possa trovare la felicità che desidera nella propria vita.

Non importa se con figli o senza, se con un compagno o una compagna, ma con il diritto di poter esprimere sé stessa e le proprie capacità nel lavoro ed avere al contempo un tempo per sé stessa, per curare i propri affetti ed il proprio amore.

La norma sullo “smart working” non a caso è stata pensata da una donna, l’Onorevole Alessia Mosca.
Una donna che ha già sostenuto la norma sulle quote rosa, con l’On. Lella Golfo e che  dimostra dunque grande interesse all’esigenze portate avanti dall’universo femminile.

Si legge nella bozza della norma: “Lo Smart Working consiste in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità:
a) esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, per un orario medio
annuale inferiore al 50 per cento dell’orario di lavoro normale, se non diversamente pattuito;
b) eventuale utilizzo di strumenti informatici e/o telematici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
c) assenza dell’obbligo di utilizzare una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.”

Salutiamo favorevolmente la proposta sul telelavoro proprio perché permette a molte donne, professioniste, managers, imprenditrici, di poter non abbandonare il proprio lavoro e di trovare quel corretto equilibrio tra famiglia e soddisfazione lavorativa.

La proposta prevede che il contratto non potrà essere superiore ai due anni (anche se personalmente ritengo che tre anni sarebbe stato meglio per una mamma) e potrà essere prorogato o rinnovato.